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Lavello: terra di confine !!!
(brevi cenni storici a cura di A. Rosucci)
Il centro abitato daunio-romano dell'antica FORENTUM e l'agglomerato medioevale di LAVELLO sono situati su due colline che guardano verso la Puglia.
I commerci antichi si svilupparono lungo l'asse viario del fiume Ofanto. I tratturi della transumanza collegavano Lavello al Tavoliere. Questi sono alcuni elementi che fanno di Lavello una terra di confine.
Territorio ed abitanti in epoca moderna
Nell'anno 1436 vi fu l'ultimo assedio medioevale di Lavello. Tale episodio ha lasciato un segno nei ruderi della "torre diruta et infocata" situata al margine orientale dell'abitato medioevale, alle spalle dell'antica chiesa di S.Giovanni.
Negli stessi anni la trasformazione di molte terre dell'agro lavellese, in aree di pascolo per la transumanza degli ovini, fa registrare l'assetto agro-pastorale del territorio lavellese, durato fino all'ottocento.
La popolazione, stremata dalle angherie fiscali spagnole e dalle prepotenze dei feudatari lavellesi, trova un momento di ribellione nel febbraio 1799 quando artigiani e contadini fondano per pochi mesi a Lavello la "municipalita' repubblicana", sulla scia della Repubblica Partenopea.
La presenza di grandi latifondi lavellesi gestiti dalla borghesia agraria borbonica fa da sfondo all'episodio dell'aprile 1861, allorche' Lavello fu occupato per due giorni dagli uomini di Crocco.
La fame di terra dei lavellesi fu solo parzialmente alleviata dalla quotizzazione dei demani comunali nell'ottocento.
Nel novecento il forte fenomeno migratorio verso l'America e verso il triangolo industriale dell'area settentrionale del Paese e' stato il naturale sbocco degli ultimi braccianti e contadini lavellesi, spinti nel dopoguerra alle occupazioni delle terre degli ultimi latifondi e poi delusi dalla colonizzazione agraria della Riforma.
Testimonianze archeologiche nel territorio di Lavello
(a cura della Soprintendenza archeologica di Basilicata)
Il territorio nel quale si colloca Lavello è situato al vertice della via naturale che, seguendo il corso del Bradano, risale dal golfo ionico e si collega all'itinerario transappenninico delle valli dell'Ofanto e del Sele.
La sua particolare posizione geografica ha favorito, da sempre, intensi rapporti culturali e di scambio tra le popolazioni locali e quelle stanziate in territori anche lontani.
Durante il Neolitico (VI-inizio III millennio a. C.) è attestata una intensa frequentazione del territorio di Lavello. Le principali testimonianze archeologiche si riferiscono a villaggi, ubicati lungo la valle dell'Ofanto e dai quali provengono ceramiche decorate ad impressioni o dipinte a bande rosse, talvolta marginate di bruno.Due tombe rinvenute in contrada Casino sono riferibili alla cultura di Laterza, diffusa nell'Eneolitico finale (III millennio a. C.) in Puglia e nel Materano.
Si tratta di un'importante testimonianza relativa all'adozione, anche in quest'area, del rituale di
seppellimento collettivo in grotticella artificiale.
Nell'età del bronzo (fine III-II millennio a. C.) sono noti piccoli nuclei insediativi. Di particolare
importanza è l'ipogeo funerario di contrada La Speranza, utilizzato per lungo tempo e i cui corredi presentano una particolare ricchezza, sottolineando, così, l'esistenza di gruppi con una struttura sociale articolata.
Durante l'età del ferro (X-VIII a. C.), il territorio di Lavello è abitato da genti di cultura daunia.
Un'area di abitato, in contrada Casino, ha restituito, tra l'altro, ceramica con decorazione geometrica "a tenda" di VIII a. C. Sempre allo stesso periodo si datano armi e ornamenti di bronzo, che attestano rapporti commerciali con i Balcani e con l'area tirrenica. In età arcaica (VII-VI a. C.), la presenza di "tombe principesche" indica un cambiamento della struttura sociale e con l'emergere di aristocrazie, che avviano relazioni significative con le colonie greche della costa ionica e i centri etruschi della Campania. I corredi sono connotati da ceramiche daunie a decorazione geometrica, prodotte nei vicini centri di Canosa e di Ordona.
Nella fase di V-IV a. C. il centro di Lavello, l'antica Forentum, esercita un ruolo di controllo sull'intero territorio melfese. Le necropoli documentano una società strutturata con la presenza
di gruppi gentilizi, che entrano in contatto con le comunità sannitiche dell'Appennino centrale.
Con la conquista romana, Forentum fu interessata dalla seconda guerra sannitica e nel I e II secolo d. C. svolse probabilmente il ruolo di municipio.
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Il Santuario di Gravetta
Lo scavo eseguito nel 1988 e nel 1990 ha rimesso in luce buona parte di un luogo di culto di età repubblicana, sorto su un impianto più antico, di cui rimangono solo alcune fondazioni murarie in ciottoli.
Il centro del complesso databile ai primi del III sec. a. C. è rappresentato da un piccolo edificio costruito in tufo ed orientato in senso nord-est sud- ovest.
Il lato lungo verso monte è costituito da blocchi che facevano da base ad almeno tre colonne doriche, mentre quello opposto in cui si apriva una porta si compone di una fila di blocchi.
I lati minori sono formati da tramezzi molto bassi, intonacati sulla faccia superiore in uno è inserita l'imboccatura di una cisterna a campana, perfettamente intonacata.
All'interno del sacello si apre una seconda, del tutta analoga, per una capacità complessiva di oltre 37.000 litri.
Il pavimento è costruito da un mosaico monocromo bianco, a raso, si aprono su di esso i condotti di "troppo pieno" dell'una e dell'altra cisterna; elementi salienti sono un plinto modanato ed un parallelepipedo di tufo; probabilmente il basamento di una statua ed il blocco di appoggio della mensa di un altare.
L' edificio va dunque ricostruito come un naiskos (tempietto) aperto su tre lati, con un fronte monumentale verso monte, alto almeno 3,5 metri, formato da un colonnato dorico.
Esso poggiava su un basamento alto circa 60 cm. che impediva l'accesso, possibile invece attraverso la porta del lato opposto, dove il muro era senz' altro a tutta altezza.
I lati corti erano invece costituiti da semplice gradino.
Alla stessa fase va ricondotto anche l'impianto originario di un ambiente attiguo, in cui si apre un profondo pozzo di captazione; al pari del naiskos, è infatti dotato di una pavimentazione a mosaico. Nell'ambito del sacello nel corso del III e II sec. a. C. si susseguono modificazioni che sembrano soprattutto mirare alla trasformazione della sala in una grande vasca.
Contemporaneamente vengono costruiti altri vani, che testimoniano l'inserimento del complesso in un tessuto abitativo più ampio.
Il santuario viene distrutto in modo sistematico verso la fine del II sec. a.C.. L 'area non sembra occupata da nuovi edifici, anche se una successiva frequentazione del I sec. d. C. è ben documentata da materiali ceramici.
Scarsi sono al momento gli elementi per l'identificazione della divinità qui venerata, al momento l'unico dato certo appare infatti il valore fondamentale dell'acqua un aspetto che fa subito pensare alla nota dea italica Mefite.